Oboe in Europa. Canne ad ancia.
Oboe in Europa. Canne ad ancia. Si trovan citate per la prima volta nella letteratura francese del XII secolo. Ma i termini usati per designarle sono confusi. Tanto il francese chalemele che il tedesco rorphife sono derivati da termini che significano « canna » (latino calamus e tedesco rór). Di conseguenza questi vocaboli potrebbero venir usati non solo per designare strumenti aventi un’ancia come imboccatura, quali clarinetti e oboi, ma pure flauti fatti di canna, e particolarmente siringhe; diversi poeti del Medioevo francese dicono di chalemeles con sette canne (tuyaux).
Canne ad ancia in senso stretto pare siano stati degli oboi: nessuna fonte, iconografica o letteraria, si riferisce a un clarinetto. Collazionando le fonti iconografiche noi veniamo a conoscere due differenti tipi di oboi. Uno dei quali à piuttosto largo e dovette possedere un suono grasso e ampio, vicino a quello di certi oboi popolari dell’Italia meridionale (piffero) e della Spagna (caramillo). L’altro oboe, raffigurato in opere d’arte della frontiera mediterranea nei secoli XII e XIII, è sottile e presenta una campana piriforme: il suo timbro doveva essere più delicato. Il contrasto tra i due generi d’oboe è rispecchiato dalla poesia del tempo. Il verso di Gui de Bourgogne: « Olifans, grelles et chalemiaux et busines bruiants », accomuna gli oboi coi « rumorosi » corni e trombe e si riferisce di certo all’oboe più largo e tozzo. Albrecht von Halberstadt (c. 1200) parla dell’oboe dal timbro più sottile quando lo dice « dolce » (súze). Sembra che i nomi più tardi, bombarde e doucine (italiano dulzaina) esprimessero il medesimo contrasto di timbri e di strumenti (Tav. XIII c).